Un movimento paneuropeo “né di destra né di sinistra, per dare la scossa all’Ue”. La sfida di Volt ai sovranisti

Articolo e foto da HuffPost
di Gabriele D’Angelo


Ci sono un francese, un tedesco e un italiano. Ma la loro sfida è tutt’altro che una barzelletta. Si chiamano Colombe Cahen-Salvador, Damian Boeselager e Andrea Venzon, sono tutti under 30, e con il loro Volt Europa, il movimento paneuropeo fondato subito dopo la Brexit, vogliono “dare un’alternativa” alla deriva sovranista che si sta spargendo a macchia d’olio nel Vecchio Continente. Perché, come spiega ad Huffpost lo stesso Venzon, 26enne milanese presidente di questa nuova realtà politica, “o diventiamo guida ed esempio di prosperità economica e culturale all’interno dell’Unione, o decliniamo a staterello, sempre più anziano e provinciale, da cui i giovani non vedono l’ora di scappare”.

Ma perché l’Italia ha bisogno dell’Europa? Non è più facile pensare soltanto agli interessi nazionali?

Viviamo in un mondo in cui competiamo con potenze sempre più assertive come gli Stati Uniti, la Russia e la Cina: in questo contesto l’Italia non avrà più voce in capitolo se non unisce le forze con gli altri paesi europei. Inoltre, si stanno delineando sfide all’orizzonte che non potranno risolversi con la forza dei singoli stati: cambiamenti climatici, migrazioni, crisi economiche: senza un’Europa forte alle spalle nessuno di noi è in grado di farcela da solo. È necessario che noi Europei iniziamo a lavorare tutti insieme, come un solo popolo. Essendo un movimento politico transnazionale, Volt vuole allora aiutare gli Europei ad unirsi per creare una visione e un sentire comuni. Un nuovo modo di fare politica, per una nuova generazione.

Come mai avete scelto questo nome?

Il nome deriva dall’unità del differenziale elettrico, è una parola internazionale, con lo stesso significato in tutte le lingue europee. Chiunque, in tutta Europa, sa cosa sia il Volt e lo associa all’idea di energia. Ecco, con questo nome, anche noi vogliamo ridare una scossa all’Europa in un modo che sia riconoscibile da ogni cittadino.

Il vostro movimento è nato subito dopo la Brexit, ma in Italia è arrivato solo lo scorso 14 luglio. Quanti iscritti avete per ora? E qual è il vostro obiettivo per le europee del 2019?

Circa 2,000 in Italia, e 15,000 nel resto d’Europa. Siamo presenti in 30 paesi, ed in 9 abbiamo già creato partiti sotto il nome Volt: Italia, Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Olanda, Belgio, Svezia, Danimarca e Bulgaria. E continueremo a crescere. Per quanto riguarda le Europee del 2019 il nostro primo traguardo è quello di presentare i nostri candidati in almeno 7 Stati membri. Perché se riuscissimo ad eleggere 25 Parlamentari europei provenienti da almeno 7 Stati membri, potremmo formare il primo gruppo del Parlamento Europeo riferito ad un partito transnazionale: qualcosa che nessun altro è mai stato in grado di realizzare! Oltre alle Europee, stiamo cominciando a partecipare anche elezioni nazionali e locali in tutto il continente. Come diciamo spesso, vogliamo essere un movimento europeo, nazionale, regionale e locale, perché solo così può avvenire un cambiamento concreto e possiamo sfruttare al massimo il potenziale di un partito paneuropeo.

Cosa c’è che non va nell’attuale assetto dell’Unione Europea, e come intendete rilanciarla?

Innanzitutto, l’Unione Europea soffre di un grande deficit democratico. A Strasburgo risiede l’unico Parlamento del mondo occidentale privo di iniziativa legislativa. In poche parole, l’unico organo direttamente eletto dai cittadini non ha spesso voce in capitolo, ma dipende dal Consiglio Europeo. È fondamentale che il Parlamento abbia iniziativa legislativa. Per non parlare poi dell’incredibile divario tra le leggi elettorali per le elezioni europee: in Italia vengono richieste 150,000 firme, un’impresa titanica per qualunque nuova forza politica voglia affacciarsi in campo. In Germania, con 20 milioni di abitanti in più, solo 4,000. Rendiamo l’Europa democratica, e saremo già a metà strada. In aggiunta, ci sono moltissimi interventi che sono necessari per rilanciare l’Unione, e assicurarsi che abbia un vero peso sulla vita di tutti noi: un budget per l’Eurozona, una Banca Centrale Europea più efficace e con un mandato più ampio, un progetto di difesa comune.

Ma voi siete di destra o di sinistra?

Non credo sia più possibile applicare le suddivisioni del ‘900. I cambiamenti sociali che hanno sconvolto il mondo le hanno rese obsolete. Oggi la vera distinzione è tra chi guarda al futuro con speranza e chi al contrario vuole restare ancorato al passato perché lo ritiene confortante. Purtroppo la storia non aspetta nessuno e altri cambiamenti si stanno preparando all’orizzonte. Un esempio è la nascita dell’intelligenza artificiale. Stati Uniti e Cina sono molto più avanti di noi proprio perché l’Europa è divisa. Non possiamo permetterci altri ritardi o il vecchio continente diventerà il continente dimenticato.

Qualcuno vi ha paragonato al primo Movimento Cinque Stelle. Perché? E cosa vi differenzia dai pentastellati?

Il movimento 5 stelle ha avuto il grande merito di riportare la partecipazione popolare al centro della scena politica. Tuttavia non ha saputo dare valore alle vere esigenze dell’elettorato, restando ancorato a scelte dettate per lo più dalla pancia, facendosi portatore di politiche contraddittorie e superficiali. Al contrario, noi diamo valore alla professionalità e alle capacità personali, all’esperienza e all’impegno. Per questo una delle nostre priorità è la formazione. Un cittadino informato e consapevole è un cittadino libero. Inoltre non abbiamo alcun padre nobile a cui rendere conto, e ci basiamo su uno statuto trasparente, dei valori forti, e una vera democrazia interna.

Perché i giovani dovrebbero ancora credere in questa Europa?

Intanto se non ci fosse l’Europa i nostri giovani sarebbero al fronte al combattersi l’un l’altro, come hanno fatto i loro coetanei per centinaia d’anni prima di loro. Volt è nato da noi, da giovani che hanno compreso la necessità di ricostruire l’Europa, ma ne hanno anche apprezzato le opportunità e le libertà che quest’ultima, per quanto imperfetta, ci ha dato. Non chiediamo ai giovani di credere in “questa” Europa, non è facile crederci e darle fiducia. Tuttavia, se migliaia di giovani da 30 paesi hanno deciso di unirsi a noi, è proprio perché “questa” Europa va prima difesa e poi riformata. Se non lo facciamo noi per il nostro futuro, chi lo farà?

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