Volt, c’è qualcuno che pensa all’Europa

Articolo e foto tratte da L’Espresso
di Federica Bianchi


La sinistra fa fatica a riorganizzarsi e l’Italia è senza opposizione, in balia degli slogan di Matteo Salvini, delle incertezze esistenziali di Luigi Di Maio e dei litigi intestini all’interno del Pd? Da sabato 14 luglio un gruppo di giovani e meno giovani proveranno a determinarne una.
Si chiama Volt Italia ed è il nuovo partito che sta nascendo a Bologna dall’idea di un gruppo di ragazzi europeisti, nel tentativo di dare una risposta costruttiva e concreta ai problemi dell’Italia e dell’Europa in tempi di picconatori e dissacratori.

L’idea del milanese Andrea Venzon era quella di fondare un partito replicato in ogni Paese europeo che, riconoscendo le infinite opportunità che offre ai suoi cittadini, spingesse per un’Europa dal volto benigno e non lavorasse alla sua distruzione, come stanno facendo la francese Marine Le Pen, l’italiano Matteo Salvini, l’ungherese Viktor Orban e il tedesco Horst Seehofer.

E così sta avvenendo in tutti i principali Paesi europei, dalla Germania alla Francia per arrivare alla Romania dove il Volt movimento è diventato partito. Per loro i problemi che attanagliano la maggior parte dei Paesi europei hanno radici ed effetto ben oltre i confini nazionali – dall’immigrazione al lavoro; dalla difesa al commercio. Non possono essere risolti con politiche strettamente nazionali. Occorre una visione europea che sia in grado di dare riposte a cittadini nati in un’Europa sempre più integrata. «Non è il primo tentativo di europeizzare la politica», dice Alberto Alemanno, professore di Scienze politiche e fondatore del progetto The Good Lobby, che parlerà durante l’evento di fondazione del partito: «Ce ne sono stati doversi sia negli anni Ottanta che negli Novanta che non hanno attecchito. Ma adesso le condizioni sono mature. La scelta “pro Europa, meno Europa” sarà nei prossimi mesi al centro della vita di tutti i cittadini. Il discorso politico sta superando i confini nazionali. Si è fatto europeo».

In Italia la sfida del nascente partito è capire come risolvere le grandi questione di oggi – immigrazione e lavoro – all’interno del quadro europeo e come attrarre il crescente numero di persone che non solo è deluso dai grandi partiti tradizionali ma che, soprattutto, non ha fiducia o detesta il governo attuale.
«Vogliamo riformare il modo di fare politica per tornare a crederci», dice Federica Vinci, la presidente di Volt: «Basta col denigrare e il distruggere. Vogliamo avanzare proposte per contrapporci ai discorsi populisti di oggi, e per populisti intendo anche poco concreti».

Al movimento 5Stelle riconoscono di avere gettato le basi per un dialogo ravvicinato e non distante con la popolazione. I loro meet up hanno fatto Storia in Italia come in Francia Ua loro si era ispirato En Marche, poi superandoli). Ma a fare acqua da tutte le parti sono i loro valori, o meglio la loro mancanza di valori. «Non si può fondare un partito solo sul discorso ecologico e sull’esaltazione di Internet», continua Vinci: «Infatti abbiamo tutti assistito a come si siano facilmente associati alle idee da destra sovranista della Lega senza porsi questioni identitarie. Sono privi di identità politica. E non hanno valori fondanti».

Nella due giorni bolognesi gli attivisti di Volt lavoreranno alla declinazione in progetti dei sei valori su cui sono nati – diritti umani, sostenibilità, giustizia, pari opportunità, libertà e solidarietà, e coinvolgeranno la base sui dettagli di chi sono e vorranno essere attraverso una serie di tavoli di lavoro. «A differenza di altri vogliamo riuscire a parlare ad una platea ampia, la stessa della Lega, insiste Vinci, anche se portiamo avanti un discorso diverso che, ad esempio, ci vede favore di politiche efficaci di integrazione dei migranti al posto di una chiusura insensata e inutile dei porti».

Il primo obiettivo saranno le europee del 2019, quindi le elezioni locali. Non sarà una sfida facile anche perché, come riconosce Vinci, «È difficile avere un sentimento europeista se si fa parte degli strati più deboli della società». Ma è anche vero che non si può costruire un’Europa dei popoli senza i popoli.

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