Roma, vietato dire che non ci sono soldi

E’ un articolo vecchio di qualche mese, ma attuale alla luce delle vicende di questi ultimi giorni, con Marino e tutta la giunta capitolina intenti a cercare di ripianare il buco nel bilancio del Campidoglio.

Altro che tasse, aliquote più alte o tagli ai servizi: per sistemare i bilanci basterebbe soltanto riportare un minimo di legalità in questa benedetta-maledetta Città Eterna.
O forse basterebbe anche del semplice buon senso…ma purtroppo non è di casa non solo a Roma, ma nell’Italia intera (leggere alla voce “crisi di governo”).

Buona lettura.

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Vietato dire che non ci sono i soldi. Primo postulato e primo comandamento della nuova amministrazione

http://www.romafaschifo.com/2013/06/vietato-dire-che-non-ci-sono-i-soldi.html

Spesso a Roma, specie negli ultimi anni ma anche prima, si è proceduto a giustificare qualsiasi episodio di scadente, mediocre o pessima amministrazione con il dogma della mancanza di soldi. Dimostreremo, facilmente, che questo dogma è assolutamente confutabile. Campato in aria.
E lo dimostreremo non entrando nelle cose grandi (magna pars dei 12 miliardi di euro di debiti che il Comune ha accumulato sono, banalmente, dovuti a funzionari, Consiglieri Comunali e Assessori che da 45 anni sono lì per rubare. Proprio rubare, in ogni momento e in ogni sfaccettatura della loro attività), non entreremo nei numeri a mille zeri, non entreremo neppure negli sprechi della ‘parentopoli’ (fatta da Alemanno, ma probabilmente – con meno clamore mediatico – ben presente anche prima: Alemanno e la mandria di scimpanzé che lo circondava hanno avuto solo il difetto di effettuarla senza la dovuta eleganza) che ci succhia un’ottantina di milioni all’anno, che nell’orizzonte di una consiliatura doppia (10 anni), che è l’orizzonte che dovrebbe avere ogni sindaco, fanno 800 milioni \ 1 miliardo di euro. Non entreremo nella corruzione e nella inefficienza dei 25mila dipendenti del Comune (dopo l’Eni la più grande azienda italiana?).

No. Staremo nelle cose ‘piccole’. Che quasi non si vedono, ma che, con un minimo sforzo e con un briciolo di volontà politica e lucidità amministrativa, potrebbero far incassare al Comune una tale quantità di denari da sgomberare il campo da tutte le scuse. Prendiamo solo i seguenti punti e analizziamoli uno a uno.

1. OSP
A Roma, specie da certa sinistra al caviale, si fa tantissima resistenza contro i tavolini all’aperto. Invece di combatterli, si dovrebbe invece metterli a reddito trasformandoli non solo in una fondamentale leva di attrazione turistica, ma anche in una fonte di risorse per l’amministrazione. Oggi molti tavolini sono abusivi perché gli esercenti, esasperati dalla corruzione (sovente per avere un sì occorre ungere, e tanto) e dalle inefficienze del Comune, decidono di rischiare la multa. I tavolini che non sono abusivi pagano 0.30€ al mq. Il suolo pubblico viene regalato praticamente. A Londra la cifra è di 2€ al mq, a Parigi 1.5€. Ma anche a Milano o a Firenze la cosa è simile. Cosa bisognerebbe fare? Dare via libera ai commercianti nell’ambito di un patto: io ti do i permessi in tempi rapidi, non ti rompo le scatole, ti faccio lavorare in modo che tu puoi pagarmi le tasse (anche comunali) e assumere personale (che paga irpef anche al Comune), ma in cambio tu mi paghi una cifra civile che mi permette di rendere davvero interessante per le casse pubbliche questo business. E’ una partita da centinaia di milioni di euro dove peraltro guadagnano tutti: l’esercente lavora, i disoccupati trovano impiego, il Comune incassa un sacco di soldi di imposte e oneri, i turisti hanno la possibilità di bersi un bicchiere all’aperto in dehor finalmente di qualità (deve essere un obbligo) nelle aree più belle del mondo. Si preferisce invece fare la guerra ai tavolini puntando ad eliminarli: dove lo si è fatto al loro posto è arrivata la sosta selvaggia. Ma i tavolini come abbiamo dimostrato possono essere una risorsa enorme, la sosta selvaggia è solo degrado e schifo e non porta neppure un euro di guadagno e anzi, creando pericoli (costi sociali enormi) e facendo scappare i turisti è una perdita netta.

2. CARTELLONI
Secondo autorevoli studi che il blog Cartellopoli ha potuto analizzare il mercato di Roma per quanto riguarda gli oneri concessori della pubblicità esterna vale circa 70 milioni di euro all’anno. Il Comune (non) ne incassa circa 19 milioni. Significa che ogni anno il Comune, non sistemando questo comparto, decide deliberatamente di lasciare nelle mani della mafia che lo controlla circa 50 milioni. Su una proiezione di doppia consiliatura stiamo parlando di 500 milioni di euro solo di introiti diretti. Che poi potrebbero aumentare perché, oltre agli oneri di concessione, finalmente si pulirebbe un settore dove regna illegalità, criminalità e nero. Significa irpef dei dipendenti e irap delle aziende: con conseguenti aliquote comunali a risanare il bilancio dell’amministrazione. Di più: un ottimo sistema di advertising outdoor dà ‘in cambio’ alla città che lo ospita una serie di fondamentali servizi di arredo urbano e altro. Si guardi Parigi: decenni fa c’era il caos che oggi c’è a Roma, oggi loro hanno 3 ditte che gestiscono la pubblicità, noi 400. Quelle tre ditte, in cambio del monopolio sul settore, restituiscono alla città soldi liquidi ma anche un clamoroso schema di bike-sharing, mappe per turisti, toilette pubbliche gratuite (non è solo un servizio ai cittadini, è anche un risparmio per la città perché più toilette significa meno sporcizia in strada, meno necessità di sanificare i marciapiedi e dunque meno costi) e così via…

3. PUP
La costruzione di parcheggi privati (possibilmente posti auto a rotazione e non box) è un guadagno netto e multiplo per l’amministrazione: concedendo a privati la possibilità di sfruttare il sottosuolo il Comune guadagna un tot (deve aumentare, perché son troppo pochi soldi) di oneri di concessione che la ditta paga. Ma guadagna anche da altre parti: si riduce la sosta selvaggia che comporta enormi costi sociali (sanità, stress, velocità commerciale dei mezzi pubblici), l’apertura di cantieri diminuisce la disoccupazione e dunque aumenta la quantità di persone che pagano tasse, anche comunali. Questi piccoli project financing dovrebbero essere concessi dovunque e con grande abbondanza perché, per ciascuno, il Comune incassa milioni di euro netti, a spese zero. E sempre a spese zero le ditte devono venire obbligate, come succede, a manutenere la superficie sopra il parcheggio e ri-arredare le strade circostanti. Prendete Piazza Cavour o Piazzale delle Muse: aree bellissime che al Comune sono costate zero e che vengono manutenute a costo zero. In cambio al Comune è stata versata una cifra in cambio del permesso di costruire in profondità. In una città come Roma, dove la sosta deve essere spostata dalla superficie al sottosuolo, dovrebbero esserci mille cantieri per mille parcheggi con miliardi di euro di guadagno per il Comune. Ma per tornaconto elettorale si preferisce dare retta ai terrificanti comitati che, pur di continuare a parcheggiare l’auto gratis in curva, sulle strisce o sull’aiuola sotto casa si venderebbero la figlia per tre denari. Ma poi non ci si lamenti che “non ci sono i soldi” visto che si lasciano interi ambiti economici abbandonati per non scontentare squallide lobby.
Ovvio, chiaramente che il piano PUP debba essere molto migliorato rispetto a quello attuale. In particolare in base alla decisione su chi costruisce i parcheggi. Oggi c’è una costellazione di pessime ditte romane, una peggio dell’altra. Domani le aree dove il Comune decide di realizzare i parcheggi – auspicabilmente centinaia di strade e piazze, più sono meglio è – devono essere messe a bando europeo. E così grandi società internazionali, chessò la Acciona o la Vinci potranno vincere alcune concessioni e portare finalmente a Roma la qualità costruttiva europea. Con un vantaggio ulteriore: gare internazionali vuol dire che vince il migliore e, soprattutto, chi offre di più. Con ulteriore vantaggio economico per il Comune e qualità costruttiva delle realizzazioni. Per far felici quattro comitati di sfigati si tiene bloccato un comparto economico che varrà a occhio e croce un punto di pil della città. Uno scandalo imperdonabile.

4. MULTE
Non se ne fanno, se ne fanno pochissime, il corpo dei ‘vigilini’ per il controllo delle strisce blu – gli unici che multavano – è stato ridotto a poche decine di unità e di quelle poche che si fanno si incassa per davvero solo il 30%. Uno scandalo che significa, anche qui, decine e decine di milioni di euro perduti da un Comune che poi si lamenta di non avere soldi per assistenza agli anziani o asili nido. Vergognoso. E anche qui, come per altri punti, i mancati ricavi generano costi: una città dove non si fanno multe è una città dove regna anarchia e caos, inquinamento e insicurezza. Con costi sociali abnormi. Il Comune non guadagna e, oltretutto, spende!

5. BANCARELLE
Vale il discorso delle OSP al punto uno. A Roma ci sono 7000 bancarelle che guadagnano 1000 euro al giorno e pagano al Comune 1000 euro l’anno per occupare il suolo pubblico. L’amministrazione ha deciso di lasciare che questa montagna di denaro finisca tutta nelle tasche di alcune famiglie di ambulanti, spossessandosi di risorse che gli competono pur di facilitare e favorire questa gente. E’ assurdo e inspiegabile se non per il fatto che questi stessi ambulanti sono coloro che foraggiano, in vario modo, dirigenti e politici. Una partita di giro che massacra la città e i cittadini. Cosa fare? Le concessioni devono finire, non possono essere a vita, e le postazioni devono in parte essere ricollocate (ad esempio nei marcati rionali dove ci sono oltre mille stalli liberi) e in parte messe a gara: che vinca il migliore. E così, come a Londra, potremo avere dei camion bar operati dai migliori cuochi e ristoranti della città: vantaggi enormi per il turismo, per i cittadini stessi, per le casse del Comune che ora non solo non ci guadagnano nulla preferendo lasciare utili e onori nelle mani delle famiglie di furfanti che sovraintendono al business, ma ci perdono pure perché il danno di immagine è facilmente monetizzabile e ammonta a miliardi di euro l’anno. Basta leggere i commenti dei visitatori sui siti di turismo: allucinati dallo schifo del commercio ambulante romano.

6. EVASIONE MEZZI PUBBLICI
Una cosa vergognosa e inaudita. Non c’è molto da commentare: milioni di euro l’anno ai quali il Comune rinuncia lasciandoli nelle tasche dei prepotenti. Enormi le colpe di Atac. Che poi si lamenta per essere in difficoltà economiche. Ma quale azienda in difficoltà economiche rinuncia a decine di milioni di euro di tariffe e decide di non esigerle? Il tutto si assomma ad un problema di educazione e di scenario: l’Atac sta contribuendo ad allevare una nuova, ulteriore, generazione di prepotenti, di giovanissimi fuorilegge che crescono nel disprezzo della cosa pubblica. Le scene che si vedono sono soltanto definibili come umilianti: quei pochi adolescenti che pagano la metro lo fanno solo (solo!) dopo aver verificato che ci sia un minimo di controllo, in mancanza di quello si scavalca o si entra dalla porta di emergenza. Sistematicamente. Alla fine dell’anno Atac ha perso decine di milioni e la città ha guadagnato decine di migliaia di nuovi prepotenti che contribuiranno alla sempiterna replica del tipico atteggiamento romano che poi è alla base di tutto lo schifo che raccontiamo, da anni, in queste pagine.

7. STRISCE BLU \ CONGESTION CHARGE
Lo smantellamento ignobile effettuato dall’amministrazione Alemanno del sistema delle strisce blu, va da se, ha ridotto gli introiti per il Comune. Una riduzione di introiti che vale doppio perché combacia, by definition, con un aumento del traffico privato e tutto quello che ne consegue in termini di costi sociali per la città. Le strisce blu andrebbero estese a quasi tutta la città consolidata, le modalità per aggirare le prescrizioni del Codice della Strada (una legge davvero pro-maghina, vergognosa in un paese europeo) ci sono tutte perché Roma è quasi tutta di “grande rilevanza architettonica e urbanistica” e dunque quasi tutta può essere dotata di 100% strisce blu. Gli introiti del Comune aumenterebbero e poi si favorirebbe la rotazione dei posti auto, la si farebbe finita con le auto (decine di migliaia a Roma, a causa della mancanza di una sosta tariffata in superficie) abbandonate in strada e quant’altro. L’area interna all’anello ferroviario dovrebbe essere protetta poi da una congestion charge, come avviene a Milano o a Londra: introiti per il Comune e disincentivo a usare l’auto privata, che vuol dire aumento dell’utilizzo dei mezzi pubblici e dunque ulteriore introito per il Comune. Che se decide di comportarsi bene guadagna da tutte le parti.

8. PUBBLICHE AFFISSIONI
Roma guadagna meno di Genova o di Bologna dalle pubbliche affissioni. Nessuno ‘compra’ spazi autorizzati del Comune per mettere i propri manifesti (negozi in apertura, liquidazioni, financo annunci mortuari: avete fatto caso che Roma è l’unica città italiana dove non si espone sugli spazi delle pubbliche affissioni chi muore?) perché gli spazi autorizzati non sono presidiati dallo stesso comune che li vende e vengono, in pochi minuti, coperti dalla pubblicità abusiva specie dei politici stessi che lavorano dentro l’amministrazione. Una situazione fuori controllo che, ogni anno, fa perdere all’amministrazione diversi milioni di euro. Semplicemente dando in appalto questo servizio ad una ditta si potrebbe risolvere il problema e, di conseguenza, si stroncherebbe finalmente l’abusivismo. Non si fa perché non si vuole irritare la lobby e il racket degli attacchini, presenti solo a Roma. I soldi, invece di guadagnarli il Comune, li guadagnano loro.

9. PATRIMONIO IMMOBILIARE
Sconfinato patrimonio immobiliare del Comune. Sconfinato e abbandonato. Con negozi, di proprietà di tutti noi, affittati dall’amministrazione a conduttori ‘fortunati’ a 50 euro al mese di affitto. Danno enorme per il Comune e per il commercio in generale vista la concorrenza sleale al locale a fianco che invece di euro al mese magari ne spende 10mila. Dumping autentico con la complicità del Campidoglio. Pur di continuare a favorire alcune realtà, il Comune ha deciso di non fare neppure un inventario del suo stesso patrimonio. Preferisce non sapere cosa possiede perché, sapendolo, dovrebbe autoammettere di regalare case, fondi commerciali e palazzi a danno di tutti noi.

10. TAXI
Tutti i punti che abbiamo elencato, o almeno la loro maggior parte, vertono sulla riduzione dell’utilizzo dell’auto privata. E del suo possesso. Cittadini che non posseggono l’auto privata risparmiano circa 5000 euro\anno per macchina. Una enormità che potrebbe trasformare molte famiglie da famiglie in difficoltà a famiglie tranquille. Ma non lo capiscono. Famiglie che non posseggono l’auto sono famiglie che, recuperando 5mila euro, ne spendono magari 1000 l’anno in taxi e auto a noleggio. Significa un risparmio netto di 4mila euro per le famiglie e un guadagno netto di mille euro a famiglia per i taxi: un giro d’affari enorme che giustificherebbe il rilascio di molte nuove licenze. Non è un atto contro i tassisti, ma anzi a loro favore. Se il lavoro triplica e le licenze raddoppiano i tassisti sono di più ma sono comunque contentissimi. Certo finché si apre la ZTL sera, finché si consente l’accesso contromano, finché si permette di posteggiare dovunque e anche nelle isole pedonali chi è che, ad esempio alla sera, utilizzerà il taxi? Ma quando tutto questo sarà impedito il taxi tornerà decisamente di moda e allora 1000 nuove licenze da mettere all’asta da parte del Comune. Incassi milionari da investire nella mobilità e nell’arredo urbano e anche qui ci guadagnano tutti. Tutti.

Vi vengono in mente altri punti che possiamo aggiungere alla terrificante a atroce lista? Dove il Comune decide (decide!) di regalare soldi a criminali e prepotenti spossessandosene, salvo poi lamentarsi di non avere risorse per garantire il minimo sindacale di decenza…

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