Dai primi giorni di prove emerge una sorpresa silenziosa di nome Ferrari…

di Antonino Rendina (F1GrandPrix)

E’ una sorpresa silenziosa. Poche parole e qualche, primo, fatto. Qualche segnale c’è stato, niente per cui valga la pena strapparsi i capelli, ma il silenzio delle parole è stato rotto dal sound di una SF70H tremendamente fluida tra le curve del Montmelò. Una vettura soprattutto molto solida, o almeno molto più del previsto.

Non che da pessimisti e catastrofisti convinti bisogna adesso trasformarsi in inguaribili ottimisti pronti ad intonare l’ormai nazional-popolare “Po Po Po Po Po Po”. La ricerca dell’equilibrio nei giudizi è un compito assai più arduo quando ad infiammare gli animi c’è di mezzo una monoposto rossa. Basta poco, pochissimo, per lasciarsi andare all’entusiasmo più genuino, ma anche più ingenuo. Siamo un pubblico caloroso, in attesa perenne di un riscatto quanto mai difficile. In un modo o nell’altro bisognerà pur far tesoro della lezione dello scorso anno, quando un po’ tutti ci esaltammo per le prove di una Ferrari poi rivelatasi un fiasco totale.

Ma i primi quattro giorni di test di Barcellona, oltre a crono ottimi (l’1.19.9 di Vettel su mescola soft è un sogno incantantore da prendere e dimenticare al risveglio), hanno dimostrato che la Ferrari un passo avanti rispetto al 2016 lo ha fatto davvero. Se il termine di paragone è, e non potrebbe essere altrimenti, una Mercedes che ancora una volta sembra non avere rivali, i quasi 2200 km messi insieme dalla Ferrari sono parenti stretti dei 2600 della Mercedes. Un dato confortante e un miglioramento netto rispetto ai test del 2016, quelli dal chilometraggio claudicante e dalle noie tecniche. Eccetto una prova di pescaggio, la Rossa non si è mai fermata, martellando con Vettel e Raikkonen, a differenza di una Mercedes che nell’ultimo giorno ha avuto problemi elettrici, perdendo tutta la mattinata di prove sul bagnato con Hamilton. Troppo poco per cantare vittoria, ma anche questo è un dato fattuale. Rafforzato poi da una Red Bull particolarmente in sordina, probabilmente sorniona, ma che con 1370 km si è fin troppo nascosta.

Con la prospettiva che nei prossimi quattro giorni di test l’intero scenario potrebbe cambiare, e che i tempi veri li vedremo in qualifica a Melbourne, sorge il sospetto – più che legittimo – che la Ferrari dietro il silenzio stampa abbia saputo fare quadrato, compattandosi, e abbia saputo tirare fuori una buona macchina, magari non vincente ma dignitosa, che è un po’ l’obiettivo dichiarato da Marchionne. Dopo un 2016 disastroso, sarebbe già positivo riavere la squadra brillante del 2015, di nuovo protesa verso il futuro e non terrorizzata dai fantasmi del passato.

In una Formula 1 spaccata, dove i piccoli team non sembrano avere la forza di rivaleggiare alla pari con le grandi, la tanto vituperata Ferrari potrebbe ritrovarsi nuovamente in alto, complici i problemi di motore della Red Bull, alle prese con un V6 Renault molto “giovane”. Nell’eterna roulette della F1, d’improvviso il futuro è di nuovo un po’ meno nero e un po’ più rosso, a patto però di restare davvero con i piedi per terra.

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