Fenomenologia del Renziano

Chiariamo subito: Renzi non è Mussolini. Non ne ha il carisma, non ne ha il fascino. Non è nemmeno Craxi: gli manca l’autorità, la faccia tosta, la fermezza. Renzi è figlio dei suoi tempi, è figlio di Veltroni, di D’Alema, e prima ancora è figlio di Natta e Berlinguer, più che di Moro, del quale non possiede la cultura (per quanto fumosa e difficilmente verificabile) e la tendenza alla mediazione fino allo sfinimento. E’ figlio dei tempi, semplicemente. Come i suoi sponsor, in testa il famoso finanziere Serra, che personalmente ancora non ho capito che mestiere faccia, forse perché io ancora continuo a considerare giocare coi soldi una perversione e non un vero lavoro. La verità è che sappiamo tutti benissimo chi è Renzi e quello che sta facendo, e quelli che fingono di non saperlo se ne accorgeranno presto. Parlo dei suoi elettori e della stampa che lo sostiene, che Renzi tiene da conto come Stalin teneva da conto i russi: gente da mandare, come ondate di carne sacrificabilissima, a seppellire le truppe naziste sotto una valanga di sangue e intestini. Per questo non considero Renzi colpevole di nulla: si limita ad essere l’espressione dei tempi suoi, dell’invidia sociale che porta a voler distruggere i diritti altrui invece di rivendicarli per sé e per gli altri. Continue reading

VeltRenzi, e la voglia di un PD classe 2008

Renzi ha una voglia matta di riportare il PD al 2008, predicando l’abbattimento del “correntismo” e magari pure l’autosufficienza elettorale, come fece 5 anni fa l’allora leader Veltroni.

Sarà pure gggiovane, ma ha già la memoria corta. Spero che Walter gli ricordi come andarono a finire quelle elezioni…

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Articolo tratto dal sito MediaPolitika

Pd “cool” e “riformista”, l’idea di Renzi e Veltroni

di Elena Angiargiu

Uniti per un grande partito democratico e riformista. Renzi e Veltroni ritrovano l’intesa dei tempi dell’Ulivo puntando oggi ad un partito “riformista, inclusivo, innovativo”. Cambiamento è la parola d’ordine per il sindaco di Firenze e il primo segretario del Pd, tra i più autorevoli componenti della Direzione Nazionale, insieme al Tempio di Adriano a Roma per la presentazione del libro “L’Italia dei democratici. Cambiare il Pd per cambiare il Paese” di Enrico Morando e Giorgio Tonini, edito da Marsilio. Tra i temi dell’incontro, moderato da Enrico Mentana, le larghe intese, l’identità democratica, passando per il Congresso e le Primarie, fino alla prospettiva futura del partito.

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Lo smacchiatore e l’asfaltatore

C’era una volta la storia di un glorioso partito, che dopo mille mutazioni genetiche ancora stenta a trovare una sua identità ben definita, tant’è che anche il nome è politicamente “sui generis”. Un suo esponente di spicco, nel lontano 1999, fu profetico:

C’è adesso un partito con una base grande come e più di quello “glorioso”, eppure per la sua volatilità e disomogeneità ideologica non riesce a mettersi d’accordo su nulla (neanche sul governare o sul fare opposizione), come fosse il grembo di uno squalo, pieno di “piccoli” pronti a sbranarsi l’un l’altro per la propria sopravvivenza personale.

In questo scenario si inseriscono segretari molli e tristi, magari molto preparati ma col carisma di un impiegato del catasto, depresso e vessato dal proprio datore di lavoro.

E poi arriva lui, il gggiovane, il Fonzie della politica, carismatico, battuta pronta e spirito battagliero. E soprattutto ciarliero come un Mastrota davanti le pentole Mondialcasa.

Apri i giornali di oggi e leggi le dichiarazioni che potete leggere qui sotto.
E ripensi a qualche mese fa, e ai giaguari da smacchiare che ora sono più macchiati che mai.

Tra smacchiatori e asfaltatori, mi e vi domando: ma questi ci sono o ci fanno?

Al futuro (prossimo) l’ardua sentenza…

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