La sfida di Volt Europa, presente come partito politico in 8 Paesi Ue

Immagini e articolo tratto da Il Sole 24 Ore
di Riccardo Sorrentino


Un movimento paneuropeo. Pronto a presentarsi alle prossime elezioni del 2019 in diversi paesi dell’Unione. È questa la scommessa di Volt Europa, fondato da tre giovani di tre nazionalità diverse nel 2017 in reazione al referendum su Brexit e l’affermazione, al primo turno delle presidenziali francesi, del Front National di Marine le Pen, con una esplicita vocazione europea.

Andrea Venzon

Differenza di potenziale
Andrea Venzon, italiano, una breve esperienza in McKinsey, oggi presidente di Volt Europa, l’ombrello che raggruppa e coordina i partiti nazionali; Colombe Cahen-Salvador, francese, coordinatrice delle politiche nel team europeo; e Damian Boeselager, tedesco, vicepresidente, hanno scelto il nome ispirandosi proprio all’unità di misura della differenza di potenziale elettrica, per rappresentare «l’energia che vogliamo portare a questo continente». Sono ora pronti a raccogliere i frutti della loro iniziativa.

Una presenza in 30 paesi
Volt ha iscritti in 30 paesi – nei 28 dell’attuale Unione, ma anche in Svizzera e Albania – ed è già articolato in 8 partiti “nazionali” (Italia, Germania, Spagna, Svezia, Danimarca, Bulgaria, Olanda, Francia). Volt Italia, guidato da Federica Vinci, presidentessa, e Michele Quagliata, vicepresidente, è stato ufficialmente fondato a Bologna il 14 luglio, e ha già preso posizione, per esempio a favore della Tav. Conta circa 1.500 aderenti.

Federica Vinci

Diritti civili e rigore nei conti…
Volt nasce infatti come un partito progressista, in un’accezione decisamente lontana da quella tradizionale che la identifica alla sinistra radicale. Il partito vuole superare, come altri, la dicotomia destra-sinistra, ma ha posizioni molto avanzate in termini di diritti civili («eguaglianza per tutti – chiede il suo manifesto – che include l’eguaglianza di genere, i diritti LGBTIQ+, i principi di non discriminazione; la libertà di religione, la laicità dello stato», oltre a temi più concreti e sentiti come il diritto d’aborto e i diritti dei rifugiati). Appare invece più rigoroso di una forza tradizionale di sinistra sui temi dell’economia e della finanza pubblica, come conferma Venzon, con una particolare attenzione alla crescita in generale e allo sviluppo delle piccole e medie imprese.

…in un’Europa sociale
La diversità del dibattito europeo porta inevitabilmente Volt a presentarsi con etichette leggermente differenti in ciascun paese – moderato a cavallo tra “centrosinistra e centrodestra” in Italia, “centrista” altrove – ma non cambia il messaggio politico concreto, decisamente proeuropeo: «L’Europa è già opportunità e diritti – spiega Federica Vinci, presidentessa di Volt Italia – ma tutto ciò si è perso tra burocrazia e nazionalismi. Volt vuole riportare questi diritti e queste opportunità al centro del discorso europeo, facendo in modo che arrivino davvero a livello nazionale, regionale e locale. Grazie a Volt possiamo imparare gli uni dagli altri e condividere ciò che ogni paese ha di meglio, creando così una Ue più unita basata sui punti di forza di ogni entità nazionale, aiutando così anche l’Italia a crescere e a far crescere tramite ciò che di meglio ha da insegnare». Il partito appare quindi favorevole a preservare e costruire un’Europa sociale (“nessuno venga lasciato indietro” sembra essere lo slogan più frequente), con una certa preoccupazione per la precarietà dei giovani; mentre sul piano strettamente politico punta a una soluzione federale per l’Unione.

La start-up dei Millennials?
Volt, fondato da giovani – Venzon ha 26 anni – sembrerebbe destinato, nei fatti, anche se non nelle intenzioni, a riempire il vuoto di rappresentanza dei cosiddetti “millennial”. L’età media dei suoi aderenti, ormai più di 10mila, è però di 35 anni e non permette di caratterizzare in modo definitivo questo movimento come pura espressione di una “classe demografica”, ed è aperto all’apporto e al sostegno di tutti.

La presenza in rete
Volt, però, usa con disinvoltura anche strumenti innovativi e per questo motivo apparentemente “giovani” per la propria attività: crowdfunding per il finanziamento, social network, meetup. Il suo statuto prevede anche il voto elettronico tra gli iscritti. Inevitabile il paragone, allora, con il M5S. «A differenza dei Cinque stelle – spiega però Venzon – noi non abbiamo un padre nobile che decide per tutti, il nostro statuto garantisce un’ampia democrazia e diamo valore alle esperienze e capacità professionali». Più precisamente lo statuto di Volt Europa ha un articolato sistema di pesi e contrappesi tra i vari organi: l’assemblea degli iscritti, il presidente, il board e il consiglio regionale (composto dai rappresentanti dei partiti nazionali).

Alle elezioni in una decina di Paesi
Il prossimo appuntamento, ora, è ad Amsterdam, il 27 e 28 ottobre. L’assemblea generale lancerà i concreto la campagna per le elezioni europee. L’obiettivo minimo è di presentare liste con il nome Volt in almeno sette paesi dell’Unione, con la speranza è di apparire sulle schede elettorali di circa 14 paesi. Nel frattempo continua l’attività di reclutamento: di iscritti, ma anche di singoli europarlamentari – esplicito per esempio l’invito di Volt France – allo scopo di ottenere i finanziamenti europei per i partiti. Non manca, a quanto sembra, l’interesse ad aggregarsi da parte di alcune formazioni minori.

Le sfide paneuropee
Volt non è sola, in questa sfida paneuropea. Diem25, a sinistra, sta seguendo la stessa strada: è animata da Yanis Varoufakis, l’ex ministro delle Finanze greco, con una chiara impostazione progressista, mentre non si esclude che Steve Barron, ex consigliere di Trump ed espressione della destra radicale possa dar vita a un movimento analogo. Il presidente francese Emmanuel Macron nel suo discorso alla Sorbona di settembre aveva, da parte sua, lanciato l’idea – bocciata dall’Europarlamento – di destinare una porzione di seggi a candidati di liste transnazionali.

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