Edgar Degas

Tratto dal sito www.vallery.it

“Ero o sembravo duro, come tutti, per una specie di impulso alla brutalità, che mi veniva dal mio dubitare o dal mio cattivo umore. Mi sentivo così fatto male, così sprovveduto, così fiacco, mentre mi pareva che i miei calcoli d’arte fossero così giusti. Tenevo il broncio a tutti e anche a me stesso”

Edgar Degas, “La classe di danza”, 1875-1876, olio su tela, Parigi, Musée d’Orsay

Edgar Degas, nato a Parigi nel 1834, è stato un esponente del gruppo degli impressionisti, di cui facevano parte anche Claude Monet, Paul Cezanne, Pierre-Auguste Renoir, Camille Pissarro. Il loro progetto era quello di mostrare un nuovo modo di dipingere, in contrasto con la precedente pittura accademica.

Degas però si distingue in parte dagli altri impressionisti per un modo diverso di vedere la realtà. Riteneva infatti che l’osservazione visiva fosse prima di tutto un’elaborazione del pensiero: non ci può essere un nuovo modo di vedere senza un nuovo modo di pensare.

L’artista ha un ruolo attivo, fisico, prensile verso la realtà. Non deve limitarsi a riprodurla sulla tela così come la vedono i suoi occhi, bensì deve prima captarla, afferrarla e farla sua. La sua è una tecnica di “presa” non di “resa”.

Per questo la realtà non risultà già data, definita da una geometria classica, ma è in continuo rapporto con l’agire umano, di cui ne acquista la profondità, il ritmo, l’estensione. Sono i corpi in movimento a definire lo spazio e a conferirgli la sua realtà.

Degas si distingue dagli altri impressionisti perchè non dipinge spazi di “natura”, ma spazi esistenziali, psicologici. Inoltre non dipinge all’aperto, ma fa solo schizzi che poi rielabora in laboratorio.

I suoi colori sono aridi e dissonanti perchè nessun particolare deve spiccare rispetto ad altri, lo sguardo dell’osseravtore deve muoversi nel quadro rispecchiando il dinasmismo proprio dell’ opera. Degas infatti usa spesso pastelli per tradurre subito in colore il gesto veloce del disegno.

Tutta la sua arte è influenzata dalla fotografia, che lui usa come ausilio per catturare particolari che l’occhio non coglie così “istantaneamente”. Si trovano infatti nelle sue opere scorci e prospettive ardite, tagli dello spazio che lasciano intuire una realtà oltre quella dipinta, come un’inquadratura fotografica.

La sua indagine è oggettiva, acuta, intelligente, ironica, intellettuale e non mira a giudicare i personaggi ritratti, ma a renderli veri. Si sofferma spesso su tratti grotteschi, movimenti del corpo contorti, sbadigli, smorfie. Ne è un esempio “La classe di danza”: una di loro è colta nell’atto di grattarsi la schiena, in fondo alla stanza un’altra si sta sistemando il nastrino intorno al collo con gesto esasperato, altre si osservano un braccio, parlano tra loro o guardano altrove. Le ballerine sono ritratte nella loro realtà, nei loro atteggiamenti veri, non c’è nessuna pretesa di renderle graziose o eleganti, ma solo un accurato studio dei loro movimenti e posture. Quella di Degas è un’estetica del “vero”piuttosto che del “bello”.

Edgar Degas, “L’assenzio”, 1876, olio su tela, Parigi, Musée d’Orsay

Quest’opera è un perfetto esempio del suo modi di inquadrare i quadri come fotografie.

Gran parte del quadro è occupata dalla prospettiva sghemba, che si chiude con un angolo acuto, dei tavolini di marmo. L’impressione dell’osservatore è quella di essere seduto lui stesso in uno di quei tavolini. Questo linea guidata porta lo sguardo a notare solo in un secondo tempo i due personaggi, perchè lo sguardo indugia prima sulla bottiglia vuota sul vassoio, poi è rimandato ai due bicchieri. Nel primo c’è una liquido giallo (l’assenzio), in rapporto con i nastri gialli del corsetto della donna; nel secondo un liquido rosso-bruno, in rapporto con l’abito, il colorito e la barba dell’uomo. Si arriva così al centro del tema, che però non è al centro del quadro. I due sono immobili, assenti e inespressivi, quasi intrappolati tra i tavolini e gli specchi dietro di loro, che rendono la prospettiva ancora più incerta. Lei è una giovane prostitua intorpidita dall’alcool, di lei colpiscono particolari grotteschi, come il falso lusso, dettato dalla sua professione, i fiocchi bianchi sulle scarpe, i nastri del suo corsetto, il cappellino pericolante. Mentre lui è un bohemien, volgare, corpulento e sanguigno.

Il quadro è una rappresentazione di una umanità disfatta, inerme, svuotata, fredda come i tavolini di marmo, logora e stinta come il velluto dei divani, torbida come gli specchi offuscati.

Fonti: G. C. Argan, L’Ottocento, L’arte moderna, Sansoni. – Enciclopedia La storia dell’arte, L’età dell’impressionismo, vol. 15

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