Il Trenino e le sue storie: il racconto di parlodasolo

Non tutti gli inviti restano inascoltati e quello pubblicato qualche giorno fa, riguardante le storie del trenino Roma-Giardinetti (o Roma Pantano, com’è era una volta), è stato raccolto dal blogger “parlodasolo“. Sono felice, quindi, di poter pubblicare qui il suo racconto!

Ma ora bando alla ciance, e buona lettura!

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LE FERMATE OLTRE GIARDINETTI

http://parlodasolo.wordpress.com/2013/09/08/le-fermate-oltre-giardinetti/

qualche giorno fa mi ero immbattuto in un tweet dell’account @TreninoGiallo che, come quello analogo per la roma – lido, vuole mettere in evidenza le disavvennture dell’utente medio della roma-giardinetti.
il tweet in questione, però, rimandava ad un post di fabio cruciani sul suo blog circa un’esperienza col trenino in questione, di quando, però, la tratta era “roma-pantano”.
i viaggi d’esplrazione fino a pantano, qualche annetto fa, me li facevo davvero, in preda all’ardore ginnasiale di sapere “dovediavoloandassequellaferragliaoltregiardinetti”.
le fermate dopo giardinetti erano come un mistero: ce n’era una, subito dopo, che si chiamava sant’antonio dove ora c’è una rotonda e una fermata gigantesca della futura metro c.
insomma, qualche annetto fa, sempre in preda ad irrefrenabili istinti ginnasiali, suonavo con un po’ di amici e avevamo tirato su un gruppo: facevamo cover dei metallica. il nostro posto per suonare era la casa di uno dei cinque tizi.
la casa in questione era a torre angela e il giorno per le prove era il sabato e, stando io a torre maura, la sfacchinata sui mezzi (con chitarra, pedaliere, pedalini e arnesi vari) era sì di breve tempo, ma comportava una notevole pazienza e sforzo fisico.
pazienza perché, come l’account @TreninoGiallo testimonia, il mezzo in questione non ha il dono dell’efficienza, figuriamoci del comfort; sforzo fisico perché il corpicino da 13enne che si portava dietro un chitarrone più alto di lui e i due zaini alle spalle lo facevano arrivare alla meta sempre perennemente inzuppato di sudore.
caldo o freddo, pure a dicembre.
per arrivare lì a torre angela si doveva passare un, anch’esso, comfortevolissimo sottopassaggio che all’andata percorrevo insieme a valentino uno-dei-cinque ma che, al ritorno, percorrevo spesso da solo.
una volta, perso nel ventre delle vie secondarie di torre angela, immerso nella solitudine delle 19.30 di un freddo gennaio, mi imbatto in due signore: madre e figlia che camminavano sottobraccio tornando a casa.
mi faccio forza e , nonostante il biascicamento, riesco a fermare le due signore chiedendo uno “scusi…scusate…?!” a bassa voce.
una delle due, avendomi sentito nonostante il basso volume della voce, si gira di scatto e inizia ad urlare e a trascinare via la figlia.
allorché la figlia si gira, anche lei impauritissima (io nel frattempo ero saltato e sbiancato quando la tizia si era messa ad urlare…ero impaurito più io di lei, praticamente) cercando di scrutarmi per capire “moquestochevvole?!”.
avendo realizzato che ero un adolescente in cerca di informazioni, la figlia calma la madre che, non contenta, continua ad urlare nonostante gli inviti a calmarsi sia mio che della figlia.
appurato che non volevo né derubarle, né cose del genere, mi dano l’informazione che cercavo: “cometornareallafermatadeltreninoditorreangela?!”.
saputo questo, dimagrito di una ventina di chili, bianco cadaverico, sempre con gli arnesi sulle spalle, mi incammino correndo a più non posso sentendo i pedali che cozzano l’un l’altro assieme ai cavi.
e poi, di nuovo sul trenino.

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